Alcuni scienziati hanno lanciato un nuovo allarme: mangiare questi alimenti potrebbe causare degenerazione nel cervello.
Siamo tutti consapevoli di quanto sia importante l’alimentazione per la nostra salute. È noto che mangiare regolarmente determinati cibi aumenta il rischio di problematiche o patologie come obesità, colesterolo alto, ipertensione, malattie cardiovascolari e steatosi epatica. Forse meno noto, tuttavia, è il fatto che la dieta può anche influenzare la probabilità di sviluppare la demenza.
La demenza è una sindrome correlata al declino del cervello. Diffusa soprattutto tra le persone di età superiore ai 65 anni, può portare a problemi di memoria, linguaggio, comprensione e mobilità, nonché a cambiamenti della personalità e del comportamento. Attualmente ci sono circa 55 milioni di persone che vivono con la demenza in tutto il mondo. Ma si stima che il numero salirà a 139 milioni entro il 2050. Ora alcuni scienziati avvertono che mangiare alcuni cibi assai comuni potrebbe aumentare il rischio di questa condizione devastante.
Una nuova allarmante ricerca ha rivelato che gli alimenti cotti – o meglio fritti – nell’olio già utilizzato potrebbero causare la degenerazione del cervello. Il pensiero va subito ai cibi fritti di take-away e ristoranti – alzi la mano chi non ne ha mai mangiati! – che vengono cotti in un olio destinato a essere usato più e più volte. Due cibi popolari come le patatine fritte e il pollo fritto, dunque, sono i principali indiziati in questo senso.
Nell’ambito dello studio, che è stato presentato a un incontro annuale dell’American Society for Biochemistry and Molecular Biology, gli scienziati hanno rilevato livelli più elevati di neurodegenerazione tra i ratti che consumano oli da cucina fritti riutilizzati rispetto ad altri roditori che seguono una dieta più sana.
Gli stessi problemi sono stati riscontrati tra la prole dei ratti. I ricercatori hanno inoltre scoperto che l’aumento della neurodegenerazione sembra legato agli effetti dell’olio sulla rete di comunicazione bidirezionale tra fegato, intestino e cervello. Come noto, l’asse fegato-intestino-cervello è cruciale per la regolazione di varie funzioni fisiologiche e la sua compromissione è legata a disturbi neurologici.
La pratica del riutilizzo dell’olio per friggere è comune sia nelle cucine private che nei ristoranti, nonostante comporti l’azzeramento degli antiossidanti naturali e delle sostanze benefiche per la salute dell’olio d’oliva. Che, per giunta, potrebbe anche rilasciare elementi nocivi, tra cui acrilammide, grassi trans, perossidi e composti polari.
Nel corso dell’esperimento, i roditori a cui è stato somministrato olio di sesamo o di girasole riscaldato hanno mostrato un aumento dello stress ossidativo e dell’infiammazione nel fegato. Quegli stessi roditori hanno anche mostrato notevoli danni nel colon che hanno innescato cambiamenti nelle endotossine e nei lipopolisaccaridi (tossine rilasciate da alcuni batteri). Di lì alla neurodegenerazione il passo è stato breve.
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