Il dibattito sull’assegnazione dei compiti scolastici è sempre acceso e, recentemente, ha acquisito vigore grazie alle osservazioni del sociologo e psichiatra Paolo Crepet.
In un dialogo con Il Corriere della Sera, Crepet ha commentato l’invito dell’assessore provinciale alla scuola della Provincia autonoma di Bolzano, Marco Galateo, a riconsiderare l’approccio tradizionale ai compiti durante le vacanze di Natale. Il tema, di grande rilevanza per genitori e docenti, offre spunti di riflessione su cosa significhi realmente la pausa scolastica.
Paolo Crepet è molto deciso nel suo approccio, affermando senza mezzi termini che “i compiti a casa rappresentano un sintomo di un fallimento totale della scuola”. Cita il fatto che, in un certo senso, l’assegnazione di compiti è una sorta di delega alla famiglia per compensare le mancanze educative che non vengono affrontate in aula.
Spesso, si tende a pensare che i compiti siano una parte necessaria dell’istruzione, ma Crepet sostiene che questo non sia altro che un modo per rovinare le vacanze. Le lunghe ferie scolastiche, secondo lui, dovrebbero essere un momento di svago e di liberazione dai doveri accademici, non di stress.
La sua idea di una riforma? Ridurre la durata delle vacanze, aumentando però le ore scolastiche durante il giorno. Questo darebbe la possibilità di approfondire le materie per quegli studenti che faticano di più, oltre a offrire attività alternative, come sport e teatro. Queste potrebbero rivelarsi molto più educative dei compiti tradizionali. Crepet sostiene che una struttura scolastica più flessibile e meno rigida potrebbe facilitare apprendimento e crescita.
Parlando del cosiddetto “riposo” durante le vacanze, Crepet si mostra scettico, evidenziando che i ragazzi non sono oggettivamente stressati come si vorrebbe far credere. Secondo il psichiatra, l’immagine di una famiglia unita durante le festività è ormai un’illusione. Notando che oggi è difficile persino riunire i membri della famiglia attorno a un tavolo, suggerisce che eliminare i compiti non necessariamente incentiverebbe la qualità del tempo trascorso insieme.
La sua analisi è piuttosto critica nei confronti di questo ideale nostalgico: l’idea che la famiglia possa essere un fulcro di supporto educativo è, come sostiene, piuttosto ingenua. Il mondo contemporaneo ha modificato la struttura delle famiglie. Non più il calore della casa, piuttosto spazi individuali in cui ognuno vive la propria vita. Da qui l’affermazione provocatoria di Crepet sulle vacanze: se l’obiettivo è dar ai ragazzi del tempo libero, perché non lasciarli liberi durante le festività, anziché affidarli ai compiti?
Non manca un’accusa velata verso gli educatori, e Crepet contesta apertamente l’apparente comodità che i quindici giorni di vacanza invernale possono rappresentare per loro. Secondo il sociologo, tali periodi di pausa sono più una necessità sindacale che un autentico beneficio per gli studenti. In questo modo, il concetto di scuola dovrebbe rimanere quello di luogo di merito e disciplina. Crepet rimarca la necessità di una valutazione rigorosa e di una preparazione seria per i ragazzi, in contrapposizione a una diluizione della struttura scolastica provocata dal facile accesso alla * tecnologia*.
Citando la dipendenza dai dispositivi digitali come una delle più grandi insidie per i giovani, sottolinea che l’informazione è a portata di clic, ma il pensiero critico è sempre più assente. Gli studenti tendono a cercare risposte online senza apprendere a fondo, un passo cruciale nella formazione di cittadini informati.
Crepet presenta anche le sue proposte didattiche, in particolare suggerendo una sostituzione dei compiti abituali con attività più stimolanti. Sogna un’aula in cui i ragazzi possano discutere e apprendere attraverso il cinema e la letteratura. Film controversi come “Lolita” o “Arancia Meccanica” possono aprire a discussioni profonde. In questo senso, la sua visione della scuola è quella di un ambiente stimolante, dove gli studenti possono esplorare concetti complessi e sviluppare le proprie opinioni.
Sottolinea la potenzialità educativa di opere di autori come Calvino o Moravia, in grado di provocare una riflessione e un confronto reale. La sua idea è quella di trasformare l’educazione in un luogo di confronto e dibattito, dove l’apprendimento avviene anche attraverso l’arte e la cultura, piuttosto che nelle aule convenzionali. In un mondo dove la distrazione è all’ordine del giorno, ritiene fondamentale un ritorno al dialogo attivo e alla analisi critica.
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