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L’Europa razzista: più del 30% degli studenti musulmani abbandonano la scuola

Quasi la metà dei musulmani in Europa ha sperimentato razzismo e discriminazione nella vita di tutti i giorni, secondo il nuovo rapporto “Essere musulmani in Ue” dell’Agenzia dell’Ue** per i diritti fondamentali .

Con un significativo aumento dal 2016, i dati evidenziano problematiche racchiuse in un contesto complesso, influenzato da eventi geopolitici e da una crescente retorica anti-musulmana. All’interno di questo panorama, si fa sempre più chiaro il quadro delle difficoltà affrontate.

Nel periodo di cinque anni considerato, la discriminazione razziale ha colpito in modo speciale i musulmani in diversi paesi. I tassi più alti di discriminazione si registrano in Austria con il 71%, seguita dalla Germania al 68% e dalla Finlandia con il 63%. Questo fa riflettere su come il razzismo, purtroppo, continui a farsi strada in molte delle nostre vite quotidiane. In contrasto, Svezia , Spagna e Italia , risultano i paesi con i dati più incoraggianti. Quindi quale messaggio ci arriva da questi numeri? L’emergere evidente di un divario tra le nazioni europee, dove in alcune il razzismo è talmente presente da diventare parte della routine quotidiana.

La situazione è aggravata dalla retorica spesso disumanizzante e da conflitti che si prolungano in Medio Oriente, e che pare influenzare l’opinione pubblica. Le storie di discriminazione fra comunità musulmane non scompaiono e colpiscono, in particolare, chi vive quotidianamente in Europa.

Le fasce più vulnerabili

E sebbene il rapporto parli di numeri preoccupanti, è cruciale evidenziare che a subire maggiormente questo fenomeno sono donne, uomini e bambini musulmani. La discriminazione non è solo un problema generale, ma assume forme particolarmente insidiose nei confronti di gruppi più deboli.

Le donne, con abbigliamento religioso, risentono di un tasso di discriminazione decisamente più alto quando cercano lavoro.(www.reedgourmet.it)

Le donne a causa dell’abbigliamento religioso soffrono di questa discriminazione, con il 45% che denuncia questo problema rispetto al 31% delle donne che non portano abiti religiosi. Questo trend diventa ancor più rilevante per le giovani donne tra i 16 e i 24 anni, con percentuali che arrivano addirittura al 58%.

Anche i bambini musulmani non sono esenti. Questa situazione di intolleranza, com’è ovvio, ha ripercussioni dirette sulle loro esperienze scolastiche e sociali, influenzando la loro crescita e integrazione. Ogni giorno queste famiglie affrontano sfide immaginabili solo per essere chi sono e per ciò che rappresentano nella società europea contemporanea.

Le difficoltà lavorative e abitative

Un nota dolente del rapporto è il capitolo dedicato alle opportunità lavorative. Si stima che il 39% degli intervistati musulmani si sia imbattuto in discriminazioni nel mercato del lavoro, mentre il 35% ha rapportato esperienze analoghe sul posto di lavoro. Questi dati, già allarmanti, mostrano un aumento rispetto ai valori del 2016. Anche in Italia, dove il 37% degli individui ha incontrato barriere durante la ricerca di impiego, va segnalato che la discriminazione è presente ma sembra essere in linea con la media europea.

I problemi abitativi rappresentano un ulteriore ostacolo per le famiglie musulmane. Risultano evidenti i dati sul mercato immobiliare, dove il 35% degli intervistati ha segnalato di non aver potuto affittare o comprare una casa a causa del razzismo. Da notare che, in Italia, questo dato è al 32%, confermando la presenza di una retorica discriminatoria anche nel settore dell’alloggio. Spirito di inclusione e tolleranza sono valori sempre più da riscoprire in contesti sociali in cui le differenze vengono ancora stigmatizzate.

L’istruzione e le sfide di accesso

In merito all’istruzione, il quadro diventa ancor più sfidante. I musulmani, stando ai dati, hanno il triplo delle probabilità di abbandonare la scuola rispetto alla media generale europea. Se il 30% di loro ha riportato esperienze di abbandono scolastico, solo il 9,6% della popolazione generale mostra difficoltà simili. Un vero e proprio campanello d’allarme per le istituzioni, che devono creare politiche educative inclusive e attuali per garantire a tutti un’istruzione adeguata e senza discriminazioni.

Non meno importante è il tema relativo alla povertà. Circa il 31% delle famiglie musulmane intervistate ha indicato di avere difficoltà ad arrivare a fine mese, rispetto al 19% delle famiglie italiane in generale. Questo non fa altro che mettere in luce un ciclo di svantaggi in crescita, dove il rischio di vivere in alloggi sovraffollati è doppio per le famiglie musulmane rispetto alle altre. Queste statistiche innegabilmente pongono domande urgenti sull’inclusione sociale e sulle misure necessarie per affrontare le disuguaglianze radicate al loro interno.

La condizione dei musulmani in Europa richiede attenzione e comprensione, nonché un impegno collettivo per combattere la discriminazione e costruire una società più equa. Spezzare il ciclo di violenza e intolleranza potrebbe essere la chiave per un futuro migliore e più inclusivo.

Rosanna Mancini

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