Gianluigi Buffon, una delle icone del calcio mondiale e portiere campione del mondo nel 2006, record man della Juventus, si confessa.
Il campione si rivela un aspetto inaspettato della sua gioventù. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il 46enne ha parlato non solo della sua straordinaria carriera, ma anche di un rammarico che lo ha accompagnato. Un aneddoto che mette in luce il lato umano e vulnerabile di un atleta che ha fatto la storia del calcio.
Buffon non ha paura di ammettere i suoi sbagli. Durante l’intervista, ha condiviso il suo lungo tormento riguardo al diploma di maturità che ha ottenuto in maniera discutibile. “Ho fatto errori, come tutti, e non li ho mai nascosti.” Queste parole aprono una finestra sulla sua mente. La pressione di non essersi diplomato lo ha perseguitato per anni, portandolo a cercare una soluzione che si rivelò poco ortodossa. “Mi sentivo in colpa verso i miei genitori, volevo iscrivermi all’università.” Con tanta voglia di studiare, decise di affidarsi all’aiuto di due massaggiatori che, come li definisce, “due Lucignolo,” che gli suggerirono un modo facile per superare il problema.
Quella che sembrava una soluzione semplice si è trasformata in un fardello. Buffon acquistò nel 1996 un diploma di ragioneria falso, pensando di poter così accedere alla Facoltà di Giurisprudenza a Parma. Poche settimane dopo, si trovò a dover affrontare le conseguenze di un’azione che, con il senno di poi, gli apparve come una grave ingenuità. Nel 2006, il portiere finì in un’aula di tribunale dove patteggiò una sanzione di sei milioni di lire dell’epoca, che oggi corrisponderebbero a circa 3.000 euro. Quanto fosse semplice e sbagliato quel gesto emerge chiaramente dalle sue parole.
Il pentimento di un campione
Oggi, con il bagaglio di esperienze di un’intera carriera calcistica, Buffon guarda indietro con un occhio critico. “Di errori ne ho fatti parecchi, soprattutto, soprattutto quando ero giovane.” La riflessione su quell’episodio continua a pesare sulla sua coscienza. Un errore di cui non si vergogna solamente, ma da cui trae una lezione. “Quello di cui vado meno orgoglioso è di essermi comprato il diploma.”
Parlando della sua scelta, sembra chiaro come l’ex portiere non tolleri l’idea di scorciatoie. “Non lo rifarei perché c’è una nota di scorrettezza e scorciatoia e io non sono mai stato uno da scorciatoie.” Le sue parole riflettono un desiderio di autenticità. L’idea di presentarsi in modo genuino, abbia per lui più valore di qualsiasi titolo, e non si può non notare la sua volontà di mostrarsi umano, con i suoi limiti. Nella sua vulnerabilità, Buffon si sente più vicino alla gente, una connessione che trascende l’immagine del campione imbattibile che tutti conosciamo.
Un messaggio di umanità
Buffon non si presenta come un supereroe invulnerabile, ma come un uomo che ha dovuto affrontare le sue debolezze. “Mi piace pensare che la mia imperfezione dia agli altri un’idea di umanità.” Questo aspetto del suo carattere emerge chiaramente nel racconto della sua giovinezza. La sua storia potrebbe diventare un monito non solo per i giovani sportivi, ma per chiunque si trovi di fronte alla tentazione di prendere la via più semplice.
Nella vita di Gianluigi, il potere del pentimento è emblematico. Riconoscere i propri errori permette non solo di crescere, ma anche di guadagnare rispetto da parte di coloro che guardano a lui non solo come a un calciatore, ma come a un esempio di resilienza. La sua ammissione di colpevolezza e il desiderio di ricominciare non possono che ispirare e dare forza a chi affronta le proprie battaglie quotidiane. La storia di Buffon, nel suo complesso, è un testamento di come anche le grandi figure dello sport possono cadere, ma può anche rialzarsi e cercare di fare la cosa giusta.