Il filosofo catalano Josep Maria Esquirol sta facendo nuovamente parlare di sé con la pubblicazione del suo nuovo libro “La scuola dell’anima“. Con questo lavoro, si propone di esplorare un tema cruciale: l’educazione e il suo ruolo nel diventare esseri umani.
Già insignito del Premio Nazionale per la Saggistica spagnola nel 2016, Esquirol porta avanti una riflessione profonda sulla crisi dell’educazione e sull’impatto della tecnologia nelle nostre vite quotidiane. Attraverso un’intervista, il filosofo condivide le sue idee, provocando un dibattito su come la scuola potrebbe tornare a essere un luogo di crescita umana autentica.
In “La scuola dell’anima“, Esquirol compie un viaggio alle radici del nostro sistema educativo, cercando di rimettere a fuoco i principi di un’educazione che spesso sembra dimenticare le cose fondamentali. Per Esquirol, la scuola non è semplicemente un luogo dove si impartiscono informazioni, ma piuttosto uno spazio d’incontro e di prossimità, dove i legami umani diventano centrali. Tutto parte dalla considerazione che, in un mondo dominato dalla tecnologia e dall’informazione veloce, la qualità delle relazioni è andata spesso perduta rinchiusi in uno schermo. L’educazione, quindi, deve affrontare la sfida di recuperare un significato più profondo e autentico, un contesto in cui gli studenti non siano solo dei contenitori da riempire, ma individui in crescita.
Il filosofo esplora anche l’importanza di chi compone la comunità educativa: gli insegnanti. La figura del maestro è cruciale secondo Esquirol, poiché è attraverso il suo esempio che gli allievi imparano a scoprire la bellezza del mondo. Ma che cosa significa questo concretamente? È una questione di trasmettere valori, passione e curiosità, elementi che aiutano a formare esseri umani più consapevoli e sensibili alle sfide del mondo attuale. La sfida non è solo quella di insegnare le materie scolastiche, ma di educare al pensiero critico, alla differenza e all’interazione con l’altro. Una visione d’insieme, dunque, piuttosto che frammentata, dove si comprende che ogni esperienza è parte di un tutto.
La crisi del senso e la rivoluzione digitale
Esquirol non esita a sottolineare che viviamo in una “notte di senso” in cui predominano il conflitto e la violenza, e questo è una delle crisi più gravi del nostro tempo. La presenza pervasiva della tecnologia ci ha portato a vivere in un flusso continuo di informazioni che consumiamo in modo superficiale. Le nuove generazioni sono bombardate da contenuti, ma la qualità di ciò che apprendono è da mettere in discussione. La velocità con cui riceviamo e dimentichiamo le informazioni crea un ciclo in cui non viene sedimentata una vera conoscenza.
Tuttavia, Esquirol non demonizza la tecnologia. È il suo dominio che spaventa, poiché una tecnologia che controlla rischia di rendere tutto omogeneo. Qui sorge la questione cruciale: come può la scuola, in questo contesto, tornare ad essere un luogo di formazione autentica? Ogni parola, ogni valutazione viene misurata in termini di performance e risultati, perdendo di vista l’aspetto umano. La vera esperienza sta nella diversità, nel meravigliarsi e nella ricerca costante del senso. La scuola deve quindi educare non solo alla competenza ma anche all’esperienza vivida, portando gli studenti a interagire con l’ignoto e l’inaspettato. In altre parole, è essenziale che l’educazione abbracci la complessità della vita piuttosto che rifugiarvisi.
Prossimità e cura: la nuova filosofia educativa
La prossimità è un termine chiave nel pensiero di Esquirol. Questa idea di connessione umana, di “essere vicini,” è fondamentale nella sua visione educativa. Nella sua metafora dei “punti di imbastitura,” il filosofo riflette sulla fragilità delle relazioni umane, che si intrecciano come cuciture sottili. Queste connessioni sono essenziali, non solo per resistere alle pressioni esterne, ma anche per costruire una rete di supporto che favorisca la crescita personale e collettiva.
È dunque nell’incontro e nella cura reciproca che si radica l’essenza dell’educazione. Questo invito a prendersi cura l’uno dell’altro – come corpo e cuore – è un aspetto cruciale per Esquirol. Inevitabilmente, l’educazione deve tornare a considerare l’individuo nella sua completezza, accettando le differenze e celebrando la diversità. La scuola diventa un laboratorio per sviluppare empatia e compassione, creando spazi in cui gli studenti possono sentirsi accolti, ascoltati e valorizzati.
In questo scenario, il cambiamento richiesto è tanto radicale quanto necessario. La scuola deve evolversi in un’istituzione capace di rispondere ai bisogni umani fondamentali, rimettendo al centro l’umanità e il legame interpersonale. Sarà solo dando impulso a questa cultura della prossimità che potremo sperare di ricostruire non solo le nostre istituzioni educative, ma anche la nostra società in generale.